Per la seconda volta, Paola Egonu ha fatto i capricci e ha salutato la nazionale italiana. Forse è il momento di lasciarla per sempre
. A questo punto viene da pensare che l'errore non sia il suo, che ha 24 anni forse non ha ancora sviluppato la maturità adeguata per fare determinate scelte. È più probabile che sia di chi ancora continua ad aggrapparsi a una giocatrice che, per quanto talentuosa, non è in grado di gestire certe pressioni o, forse, non è così interessata a quella maglia.
Ebbene, vi sveliamo un segreto: non è così. Non può essere e non dev'essere così, tanto meno quando si parla della nazionale. Indossare quella maglia significa sentirsi parte di un tutto, sentirsi parte di unae di un gruppo che lavora per un obiettivo. Ognuno fa la sua parte al meglio delle sue possibilità, si lavora insieme e lo si fa con. Ecco, forse, la parola chiave.
Lei ha accettato. Ovviamente, non poteva certo pretendere di essere titolare di quella squadra dopo aver sparato ad alzo zero sul Paese. Anche se è brava, bravissima, la migliore, certi comportamenti hanno delle. L'Italia stavolta ha vinto la medaglia di legno, classificandosi quarta tra la delusione generale. Lei ha avuto un ruolo marginale in questa squadra e invece di restare lì e col suo talento segnare la strada, anche se da comprimaria, ancora una volta ha sbattuto la porta.
Quella della nazionale, però, non è una maglietta qualunque che metti e togli come vuoi, che quando ti stanca lanci nell'armadio e poi quando ne hai voglia riprendi. È ildi una Nazione che attorno a quella maglia si riconosce, che per quella maglia azzurra piange ed esulta. Se non ti senti in grado di sopportare la pressione e lache questo comporta, se non senti quell'attaccamento, è meglio lasciarla andare per sempre.
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