Il conflitto siriano si è congelato in una pace armata, con Assad mantenuto al potere da Iran e Russia, mentre le potenze regionali normalizzano i rapporti con la Siria evidenziando un cambiamento nell'equilibrio geopolitico del MedioOriente. ➡️
non si è mai chiusa in modo definitivo così come non si è mai ufficialmente aperta. Il conflitto, iniziato come rivolta e sfociato in guerra civile ma anche in guerra per procura tra vari Stati fino ad arrivare all’intervento delle grandi potenze, si è oggi congelato ina una sorta di pace armata.
Israele continua a colpire in Siria per distruggere gli avamposti di Teheran, soprattutto dei Pasdaran, e dei suoi “proxy”, ovvero le milizie sciite locali ed, che si muovono attraverso i porosi confini di Libano e Iraq. E nel frattempo, mentre i curdi del nord e del nordest rimangono asserragliati in alcune province in una guerra logorante contro i vari nemici regionali, compresa la Turchia, a nord-ovest l’area di Idlib rappresenta l’ultimo bastione dei ribelli islamisti.
Se questa è la situazione sul campo, a livello diplomatico però più di qualcosa si è mosso. Al punto che oggi, nonostante questa fragilità e complessità dello scacchiere siriano, si può dire che il governo di Damasco è tornato a essere l’unico interlocutore riconosciuto dallanel Paese. E questo vale soprattutto per gli attori mediorientali, oltre che naturalmente per chi non ha mai negato legittimazione: Iran, Russia e Repubblica popolare cinese in primis.
Il processo di normalizzazione ha visto così un graduale ritorno a un regolare scambio diplomatico, con due attori regionali a esserne stati i principali artefici: Arabia Saudita ed. Attraverso una legittimazione di Assad e un graduale – ma anche abbastanza repentino – abbandono del sostegno alle forze di “opposizione” e milizie locali, Riad e Abu Dhabi hanno ricominciato a parlare in modo diretto e da pari a pari con tutto il governo siriano.
Il riavvicinamento tra questi due Paesi, come per le potenze arabe e Damasco, è stato un effetto di almeno due cause. Da una parte l’accettazione della realtà dei fatti: Assad non sarebbe stato più rovesciato vista la vittoria, più o meno evidente, dell’esercito regolare. Dall’altra parte, la volontà turca di evitare fratture con Mosca e allo stesso tempo di non sostenere eccessivamente la causa di alcuni alleati occidentali visti con diffidenza.
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