Siamo stati nel centro per la cybersicurezza Huawei. A Roma, non in Cina: ecco perché è importante.
, a Roma, affaccia sul rigoglioso parco verde che circonda quel grande monastero fortificato che è l’Abbazia delle Tre Fontane. Dalle finestre del centro si godrebbe di una vista paradisiaca, se non fosse che. Metal detector, videocamere e lettori di badge onnipresenti sottolineano l’importanza - e la riservatezza - del lavoro che si svolge all’interno., che svolge le funzioni di Chief Cybersecurity and Privacy Officer di Huawei Italia, ha a disposizione due stanze.
In questo processo Huawei crede, e soprattutto investe, molto. Al livello globale l'azienda cinese spende nella sicurezza informatica più di chiunque altro nel settore: una cifra che ammonta al 5% degli investimenti in ricerca e sviluppo dell’azienda,"Inoltre il 2% degli ingegneri di Huawei, che conta oltre 190.000 dipendenti, è specializzato in cyber security - si legge in un comunicato dell'azienda - a fronte dell'1% della media del settore".
"Standard" e"certificazione" sono due parole che Luca Piccinelli ripete spesso. Sono termini scolpiti nella pietra, per chi crede fermamente nel Vangelo dellaSenza determinati standard, condivisi a livello internazionale, sarebbe il caos. Piccinelli questo lo sa bene, è una lezione che ha imparato presto. La sua carriera ha attraversato fasi di cambiamento cruciali nel mondo della cybersecurity.
- “Mi occupavo dei sistemi di sicurezza delle centrali di comando e controllo” - Piccinelli è passato al mondo delle telecomunicazioni. Ha iniziato la sua nuova avventura a Londra, insieme a British Telecom, per cui ha lavorato al lancio della. Poi è passato a un operatore italiano, Blu, al cui sviluppo ha contribuito occupandosi, in particolare, di cybersecurity.
A un certo punto, una delle rotte di Piccinelli si è incrociata con quella di Huawei, che non è semplicemente un brand produttore di smartphone, notebook o smartwatch. L’azienda cinese, con sede a Shenzen, è anche - e oggi soprattutto -È il 2013 e Piccinelli si trasferisce in Huawei portando con sé un bagaglio ricco di esperienze. E una consapevolezza: “Gli standard, nello sviluppo di una tecnologia, sono tutto - dice -.
“Secondo voi come fanno questi pezzi di hardware a integrarsi in un unico dispositivo in modo sicuro? È possibile perché le grandi aziende manifatturiere si sono sedute a un tavolo e hanno stilato dei requisiti, chiamiamoli protocolli, che poi devono essere rispettati”. Prendiamo per esempio la porta Usb. “Se è inattaccabile - spiega Piccinelli - è perché dietro c'è una codifica e una serie di firewall che ne impediscono l'attacco.
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